Una storia d’amore atroce

Una storia d'amore atroce: "Non ne posso più, non posso più passare un giorno senza vederti... È finita e tuttavia ti amo furiosamente.”

-Una storia d’amore atroce-

Lei Camille Claudel: “ha ragione a pensare che io non sia molto felice qui: mi sembra di essere così lontana da lei! e di esserle completamente estranea! C’è sempre qualcosa di assente che mi tormenta.”

Lui Auguste Rodin: “Ci sono momenti in cui francamente credo che ti dimenticherò. Ma poi, in un solo istante, sento la tua terribile potenza. Abbi pietà, crudele. Non ne posso più, non posso più passare un giorno senza vederti. E no, l’atroce follia. È finita, non lavoro più, divinità famelica, e tuttavia ti amo furiosamente.”

Una storia d’amore atroce. Ma chi era Camille Claudel?

Camille nasce nel 1864 a Fère-en-Tardenois (Aisne). Di fatto primogenita perché il
primogenito maschio era morto, dopo di lei nasceranno Louise, la preferita di mamma e Paul, lo
scrittore. Non è una famiglia felice, lo stesso Paul scriverà che tutti litigavano con tutti e
racconterà della madre anaffettiva, che non li prendeva mai in braccio. Il padre, esattore delle
tasse, rigido e conservatore.

Non ne posso più, non posso più passare un giorno senza vederti... È finita e tuttavia ti amo furiosamente.”
Camille Cloudel

Camille Claudel si appassiona alla scultura fin dall’adolescenza e inizia a lavorare l’argilla nonostante la forte opposizione della madre. È tuttavia appoggiata dal padre che la aiuta a trasferirsi a Parigi per perfezionare la sua arte nell’Accademia Colarossi. Nel 1882, appena 18enne, affitta uno studio al 117 di rue Notre-Dame-des-Champs e studia insieme con altre giovani donne con lo scultore Alfred Boucher che tuttavia si trasferisce quasi subito a Roma per lavoro. Così Camille chiede ad Auguste Rodin di sostituirlo come maestro e nel 1883 entra a far parte della bottega parigina del maestro, al 182 di rue de l’Université..

Lui è Auguste Rodin, nato a Parigi il 12 novembre 1840, che diventerà uno dei più importanti scultori francesi della seconda metà dell’Ottocento, universalmente considerato uno dei padri della scultura moderna.

Lei vent’anni appena, lui quarantacinque. Lei, un giunco nel vento, lui un gigante buono. Camille Claudel, il viso incorniciato da riccioli ribelli, sprofondava in un vortice implacabile d’amore, alimentata dal furore giovanile e dalle paure represse che solo tra le braccia di lui smettevano di sembrare così minacciose. Lui la guidava, la esaltava, la proteggeva e la possedeva, beneficiando d’altro canto di questo fiume in piena che rinfrescava, giorno dopo giorno, la sua vita. Era la sua modella.

Auguste però continuava ad avere una relazione ufficiale con Rose Beuret. Lui ha 24 anni in più della donna e il loro rapporto era tumultuoso, con frequenti e violenti litigi causati dai rifiuti dell’uomo a troncare la relazione ventennale con Rose.

Claudel introduce nelle sue sculture temi come lussuria e sessualità, argomenti tabù per una donna a quell’epoca e pertanto la giovane deve affidarsi a Rodin per poter esporre e vendere le sue opere, ripagando l’amante con la collaborazione alle sue opere.

Musa, modella, amante.

Tra loro una c’era una profonda comprensione artistica: insieme frequentano molti intellettuali dell’epoca. Camille è gelosa, emotivamente violenta, intransigente, con una passione totalizzante.

Il 12 ottobre 1886, Rodin scrive una sorta di contratto, forse obbligato da lei: “Dopo l’esposizione partiremo nel mese di maggio per l’Italia e vi rimarremo almeno sei mesi, e sarà l’inizio di un legame indissolubile dopo il quale Mlle Camille diventerà mia moglie.” Rodin si barcamena tra la
passione per lei e la tranquilla Rose Beuret che non lascerà mai e che sposerà nel 1917.
Camille – come scrive lei stessa – gli darà tutto; probabilmente ha abortito un figlio suo.
Ce lo fa intuire Paul e lo scrive anche la pronipote, che ha dedicato la vita alla sua opera.

Tra questi tormentati sentimenti, Camille produce dei capolavori assoluti

Sakountala, La Valse, il busto di Rodin, Clotho e soprattutto l’Age Mûr. Una giovane donna implorante cerca di trattenere un uomo maturo che invece viene portato via da un’altra donna. Nella prima versione dell’opera la giovane lambiva la mano dell’uomo; nella seconda invece i due personaggi sono staccati. Facile pensare al triangolo amoroso con Rodin.
Qualcuno ha visto anche nella figuradell’uomo quella del padre.
Qualsiasi interpretazione si voglia dare, rimane un’opera meravigliosa e crudele.

Una storia d'amore atroce
Clotho Camille Cloudel
Una storia d'amore atroce: "Non ne posso più, non posso più passare un giorno senza vederti... È finita e tuttavia ti amo furiosamente.”
Age Mûr Camille Claudel

Una storia d’amore atroce: il confronto

Il confronto con la scultura di Rodin è sempre presente nelle cronache dell’epoca e
possiamo immaginare la fatica di Camille per trovare posto nel mondo maschilista dell’arte. La
prassi che vedeva i discepoli del maestro occuparsi di alcune parti delle sue opere non aiutava
certo. In alcuni lavori di Rodin vi sono certamente degli elementi di Camille. Rodin la sosterrà
sempre; anche quando sarà internata, non le farà mancare un aiuto economico (in forma
anonima) e vorrà dedicare una sala alle sue opere nella sua casa/museo.


Nel 1896 Camille scrive “[…] m. Rodin non ignora che molte persone malvagie hanno osato dire
che era lui a fare le mie sculture: perché allora far di tutto per accreditare questa calunnia?” e
ancora nel 1899 “Signore, leggo con stupore il suo resoconto del Salon in cui mi si accusa di
essermi ispirata a un disegno di Rodin per la mia Clotho. Non avrei problemi a dimostrarle che
la mia Clotho è un’opera assolutamente originale. […] La prego di pubblicare sul suo giornale la
piccola rettifica che le chiedo.”


Per Camille la scultura è tutto.

Per Camille la scultura è tutto: ne sono piene le lettere e i ricordi di chi l’ha conosciuta.
Se ha dei soldi, li spende per acquistare le materie prime e per pagare modelli e fonditori. Dal
manicomio scriverà alla cugina: “Lei che conosce il mio attaccamento alla mia arte non può
immaginare quanto abbia dovuto soffrire nell’esser di colpo separata dal mio caro lavoro […].”

La madre e la sorella Louise non comprendono la sua passione e non condividono il suo stile di
vita. Il padre invece cerca sempre di sostenerla, come il fratello Paul forse in maniera più
ambigua. Paul e Camille avevano da ragazzi un rapporto strettissimo, da qualcuno definito
anche morboso per la gelosia di Paul che, da cattolico intransigente, sarà molto duro e firmerà
con la madre la richiesta di internamento.

Una storia d’amore atroce: La rottura

La rottura del rapporto con Rodin, lascia un segno indelebile. Camille aveva vent’anni
quando lo aveva conosciuto; dopo tredici anni si ritrova sola a misurarsi con un mondo ostile nei
confronti di una donna che oltre a fare un mestiere da uomo, aveva avuto una relazione libera
con un uomo tanto più grande, condiviso con un’altra. Frequenta Debussy che terrà sempre
una copia di La Valse sul pianoforte, forse solo per ingelosire Rodin. Camille comincia a
trascurarsi e a sentirsi perseguitata dalla “banda Rodin”, barricandosi in casa e uscendo solo di
notte.
Tanto è stato scritto sui suoi deliri. Forse più facile per lei prendersela con quell’uomo a cui
aveva dato tanto, piuttosto che ammettere che era la sua famiglia ad averla fatta rinchiudere,
cosa che avviene il 10 marzo 1913, una settimana dopo la morte del padre. Una volta internata,
la madre non le farà mai visita; Paul è l’unico a farle visita talvolta, per quanto gli permettano i
numerosi viaggi dovuti alla carriera diplomatica. Complice la legge, madre e fratello le
impediscono per anni di incontrare e scrivere agli amici

Recentemente, le sue cartelle cliniche sono state rese pubbliche: sono piuttosto monotone sullo stato mentale; tuttavia i medici che si sono avvicendati nella direzione del manicomio sono concordi nell’affermare che non è una paziente pericolosa per sé e per gli altri e che tornare in famiglia (come lei stessa chiede) potrebbe solo aiutarla.

La madre si rifiuterà sempre di riprenderla in casa, né Paul farà mai qualcosa in tal senso. In una lettera del 1915 Camille scrive: “Mio caro Paul, ho scritto molte volte alla mamma, a Parigi, a Villeneuve, senza riuscire a ottenere una parola di risposta.
E anche tu, che sei venuto a trovarmi alla fine di maggio e ti avevo fatto promettere di occuparti di me e di non lasciarmi in un tale abbandono. Com’è possibile che da allora tu non mi abbia scritto una sola volta e non sia più tornato a trovarmi? Credi che mi diverta a passare così i mesi, gli anni, senza nessuna notizia, senza nessuna speranza! Da dove viene tale ferocia? Come fate a voltarvi dall’altra parte? Vorrei proprio saperlo
.”

Quando Camille muore nel 1943 al suo funerale non ci sarà nessuno. Qualche anno dopo, la nipote scoprirà che Camille è stata sepolta in una fossa comune.
Una storia d’amore atroce! Una donna lasciata morire crudelmente!
I manicomi come di “una tragedia di cui tutti dovremmo provare vergogna”, riferendosi alle persone fatte rinchiudere dai familiari per questioni di eredità, ai mariti che si liberavano in questo modo delle mogli, a quanti costretti ad entrare sani in manicomio furono poi travolti davvero dalla malattia mentale.

Fonti: Enciclopedia delle donne, Elle magazine

7 pensieri riguardo “Una storia d’amore atroce

  1. He storia allucinante!!! E come sempre i più tormentati sono anche degli artisti davvero sorprendenti, come appunto lei ❤ Grazie di questa bella condivisione e buona serata 🥀😘

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  2. Fuori tema sicuramente, del triangolo amoroso tra Rose, Auguste, Camille, c’è una breve sequenza nel film “Midnight in Paris” 2011 di Woody Allen in cui Carla Bruni, nelle vesti di guida artistica, cita Rodin e le sue due amanti, delle quali, prima di morire, sposa Rose. Tra i presenti, turisti americani, un saccente professore la contraddice, sicuro che ad assere sposata fu Camille.

    In fatto di “geni in manicomio”, Janet Frame (1924-2004) poetessa e scrittrice neozelandese, solo perché diversa dai suoi coetanei, fu internata giovanissima in manicomio per 8 anni con la diagnosi di schizofrenia. Subì 200 elettro-shock e rischiò di essere lobotomizzata. Si salvò per i suoi successi letterari che fecero dire ai medici: ad un genio, anche se matto, non si può togliere il suo strumento. Trasferitasi a Londra, uno specialista certificò che non era per nulla affetta da quella patologia.

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